Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) riveste ancora oggi, a distanza di più di vent’anni dalla sua introduzione nell’ambito della sicurezza del lavoro, un ruolo aziendale con funzioni e responsabilità il più delle volte non completamente chiare. Il tema diviene ancora più spinoso quando lo si estende al Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) e alla sua funzione ed organizzazione. Vediamo di seguito un approfondimento, teso appunto a chiarire i compiti, l’organizzazione e la composizione del Servizio di Prevenzione e Protezione, è opportuno e necessario, anche alla luce della recente giurisprudenza sul tema e dalle esperienze maturate.
I temi e le risposte che troverai di seguito sono trattate ed ulteriormente approfondite nel corso di formazione “IL RUOLO PROFESSIONALE DEL RSPP: COME SVOLGERLO PER ADEMPIERE AI PROPRI OBBLIGHI GIURIDICI”, disponibile in aula, videoconferenza e in modalità e-learning.
Vediamo di seguito un approfondimento sul tema affrontando i seguenti argomenti:
Il D. Lgs. 81/08 definisce il “Servizio di prevenzione e protezione dai rischi” (SPP) come un “Insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori”.
Innanzitutto l’art. 31 precisa che “Salvo quanto previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo”, riconoscendo la possibilità che alcuni soggetti (o tutti) possano essere “esterni” rispetto all’azienda. Lo stesso comma 3 dell’art. 31 precisa ulteriormente che “Nell’ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio”, sino al comma 4 che dispone obbligatoriamente “Il ricorso a persone o servizi esterni […] in assenza di dipendenti che, all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 32”.
Vedi un Fac-simile di Designazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) da parte del Datore di Lavoro, consultato il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
Per incaricare il ASPP, vedi un Fac Simile per la designazione di Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione (ASPP).
Il concetto di Responsabile Servizio di Prevenzione e Protezione “interno” ed “esterno” va inteso, come peraltro precisato dall’interpello 24 del 2014, relativamente alla "continuità nell’ambito dell’organizzazione, con cui il soggetto RSPP presta la propria attività e non tanto al tipo di contratto con cui espleta la sua collaborazione con il Datore di Lavoro".
Alla luce di queste precisazioni in relazione alla definizione di un SPP interno o esterno, è però necessario chiarire se il SPP sia composto solo dal Responsabile e dagli Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione, ovvero da chiunque, a qualsiasi titolo, svolga un’attività, anche occasionale, di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori nell’azienda. L’esempio può essere quello di un consulente esterno che svolge, su specifico incarico, una valutazione dei rischi particolare e specialistica, o anche, si pensi ai membri della squadra di emergenza, i quali hanno compiti che possono rientrare nella più generale definizione data dall’art. 2 del D. Lgs. 81/08.
Posto che il comma 2 dell’art. 31 precisa che: “Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all’articolo 32, […]”, prevedendo pertanto un requisito di competenza necessario per far parte del SPP (attualmente specificatamente normato dall’Accordo Stato Regioni del 7/7/2016), continuerebbe a porsi la questione in merito all’integrazione nel SPP di un professionista, qualificato, che intervenga solo per specifiche questioni, in assenza di competenze interne all’azienda. Tale professionista rientrerebbe pertanto nel Servizio di Prevenzione e Protezione?
In definitiva, per eliminare ogni dubbio, "il SPP è composto dai soli RSPP e ASPP che, in possesso delle adeguate competenze indicate nell’art. 32, sono stati formalmente incaricati dal Datore di Lavoro". Ad ulteriore rafforzamento della conclusione, ricordiamo che il punto g) del comma 1 dell’art 2, riferendosi agli ASPP, riporta la seguente definizione: “Persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l”, mentre il già citato comma 3 dell’art. 31 precisa che: “Nell’ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio”, senza che queste siano incluse nel SPP.
Un ulteriore appunto riguarda la possibilità di disporre di più SPP nella stessa azienda: sempre la Direttiva 89/391/CEE al comma 6 dell’art. 7 precisa che: “Alla protezione ed alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute, oggetto del presente articolo, provvedono uno o più lavoratori, un solo servizio o servizi distinti, siano essi interni o esterni all'impresa e/o allo stabilimento”. Questa previsione non trova una corrispondenza nel D. Lgs. 81/08, salvo che la lettura dei commi 1 e 2 dell’art. 31 lascerebbe intendere la possibilità per il Datore di Lavoro di avvalersi di diversi Servizi di Prevenzione e Protezione, sino alla esplicita indicazione del comma 8 dell’art. 31, nel quale si precisa che: “Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione (SPP). I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile”. In definitiva, nelle aziende con più unità produttive potrebbe essere istituito anche un SPP per ogni unità produttiva, individuando un RSPP per ogni SPP, o viceversa, un unico SPP con un unico RSPP, designato da tutti i Datori di Lavoro che compongono il gruppo di imprese.
Il RSPP è designato dal Datore di Lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Ma qual è il corretto significato del termine “coordinare” e qual è la funzione del SPP?
Per il vocabolario della lingua italiana, coordinare significa: “Ordinare insieme; disporre più cose o elementi nell’ordine più adatto al fine che si vuol raggiungere”, o anche “Connettere, collegare con ordine logico”.
Ma, posto con quale fine il RSPP coordina il SPP? In tal senso richiamiamo il comma 1 dell’art. 33 del D. Lgs. 81/08, rubricato “Compiti del servizio di prevenzione e protezione”:
Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione é utilizzato dal datore di lavoro.
Indubbiamente tra i compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione sopra elencati, quelli di cui al punto a), b), c), d), f) meritano un approfondimento.
Il SPP provvede, di fatto, alla “valutazione dei rischi” e alla “individuazione delle misure di sicurezza”, nel “rispetto della normativa vigente e sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale”. Quest’ultima precisazione richiama quanto previsto al comma 2 dell’art. 18, relativo agli obblighi del Datore di Lavoro, tra i quali fornire “al servizio di prevenzione e protezione ed al Medico Competente informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali; e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza”.
Posto pertanto che al SPP "vengano fornite le informazioni necessarie per provvedere all’individuazione dei fattori di rischio", alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure di sicurezza, il SPP deve provvedere a queste attività. E’ qui opportuno specificare quanto il SPP debba essere propositivo. Ricordiamo che l’art. 29 prevede, sempre sul tema della valutazione dei rischi, che “Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41”. Il termine “collaborare” è quindi la chiave di lettura per comprendere quali sono le aspettative verso il SPP.
Ancora una volta chiamiamo in causa il vocabolario della lingua italiana, dove leggiamo il significato di “Collaborare”, ossia: “Partecipare attivamente insieme con altri a un lavoro per lo più intellettuale, o alla realizzazione di un’impresa, di un’iniziativa, a una produzione” o anche “Essere di aiuto, di sostegno in un’iniziativa”. Il termine collaborare ha quindi un evidente connotato di attivazione del soggetto al quale tale collaborazione è richiesta.
Insomma, "il datore di lavoro è tenuto a fornire al RSPP (e al SPP) informazioni in merito alla natura dei rischi, all’organizzazione del lavoro, alla programmazione e all’attuazione delle misure preventive e protettive, alla descrizione degli impianti e dei processi produttivi, ai dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali, alle prescrizioni degli organi di vigilanza", ma corrispondentemente, "il RSPP, coordinando il SPP, deve coadiuvare il datore di lavoro nell’assolvimento dei suoi obblighi, fornendo competenze tecniche ed organizzative". Il “ruolo” del RSPP e del SPP, come più volte affermato, è assimilabile a quello di una consulenza (tecnica) specializzata e quindi a quello di una prestazione di assistenza più che all’individuazione di un centro autonomo di responsabilità: in altre parole, pare privo di quella “posizione di garanzia” che il legislatore ha incardinato espressamente in capo al datore di lavoro, al dirigente e al preposto, nell’ambito delle loro rispettive attribuzioni.
È però opportuno chiarire che, sebbene il RSPP sia (essenzialmente) responsabile di un organo di “studio e consulenza”, dotato di una particolare competenza in materia infortunistica, e sebbene lo stesso non abbia poteri decisionali né di “intervento attivo” nel settore della sicurezza, il RSPP e il SPP non sono affatto uno strumento meramente passivo, attivabile solo se e quando il datore di lavoro lo richieda (e nei limiti in cui sia richiesto): in altri termini, in capo al RSPP dovrebbe rinvenirsi (una volta ricevuto ed accettato l’incarico) un “onere di attivazione automatica”, un vero e proprio “dovere di impulso” anche rispetto ad un datore di lavoro (che si riveli, successivamente) inerte. La peculiarità dei compiti attribuiti al RSPP e il profilo di professionalità richiesto al SPP determinano le eventuali co-responsabilità penali di cui si hanno esempi nella giurisprudenza.
Tornando al punto a) del comma 1 dell’art. 33, il SPP è pertanto tenuto ad attivarsi al fine di individuare i fattori di rischio, valutare i rischi ed individuare le misure di sicurezza necessarie a garantire la sicurezza dei lavoratori. Tale attività e studio va inserito nella “collaborazione” in essere con il Datore di Lavoro, che rimane l’unico in grado di concretizzare lo studio prevenzionale svolto dal SPP.
Il punto b) del comma 1 dell’art. 33 del D. Lgs. 81/08, per non essere ritenuto una semplice ripetizione di alcuni compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione indicati nel punto a), dovrà essere inteso come il passaggio logicamente successivo, ossia dopo l’indagine e lo studio, nonché il confronto con il Datore di Lavoro, per provvedere alla elaborazione delle misure di sicurezza contenute nel documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 28. Da notare che il verbo “Elaborare” indica chiaramente la funzione tecnica del SPP: il Datore di Lavoro utilizza il SPP quale organo tecnico per individuare i fattori di rischi, valutare i rischi e, naturalmente, elaborare le misure di sicurezza. Il tutto deve avvenire senza creare ambiguità in merito ai ruoli e agli obblighi previsti dalla legislazione vigente e tra questi, ovviamente, ci riferiamo all’obbligo indelegabile a carico del Datore di Lavoro di valutare i rischi ed elaborare il documento di cui all’art. 28, sancito dall’art. 17 dello steso D. Lgs. 81/08.
Il punto c) del comma 1 dell’art. 33 del D. Lgs. 81/08 costituisce un ulteriore passaggio logico-organizzativo: "tra le misure di sicurezza potranno essere previste anche specifiche procedure, che saranno sempre elaborate dall’organo tecnico aziendale con le massime competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, cioè il SPP".
I punti d) ed f) del comma 1 dell’art. 33 del D. Lgs. 81/08 costituiscono due compiti di carattere operativo per il SPP, o comunque per il quale il SPP dovrà accollarsi l’onere gestionale. Per proporre i programmi formativi infatti il SPP dovrà poter disporre di informazioni in merito alle esigenze formative dei lavoratori, anche in relazione alle scadenze della formazione per le quali oggi la legislazione ha imposto precise regole (si pensi all’Accordo Stato Regioni del 21/12/11). Il SPP dovrà quindi disporre degli adeguati strumenti (anche di carattere informatico, ad esempio), necessari per svolgere questo compito.
Al RSPP e al SPP spettano i soli compiti indicati nell’art. 33, salvo che il Datore di Lavoro non ritenga necessario assegnarne altri. Nella pratica si riscontra frequentemente il sovraccarico del SPP, conseguente alla sua identificazione quale organo naturalmente preposto a risolvere tutte le incombenze organizzative e gestionali attinenti alla sicurezza, dalla consegna dei DPI all’organizzazione operativa dei corsi, dalla gestione delle manutenzioni a quella del personale.
Il quesito ha una facile risposta, contenuta chiaramente nel comma 1 dell’art. 31 del D. Lgs. 81/08: il Datore di Lavoro. Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non è obbligato né tenuto ad organizzare il SPP. I compiti del RSPP infatti sono di coordinamento del SPP, ben diversi dall’organizzazione. Tuttavia il Datore di Lavoro può incaricare, o meglio, delegare altri all’organizzazione del SPP. Pertanto, il RSPP, qualora delegato con adeguati poteri dal Datore di Lavoro, potrà e dovrà organizzare il SPP.
Posto che, come visto, il Datore di Lavoro ha l’obbligo di organizzare il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP), si vuole qui approfondire quale sia la corretta organizzazione da dare a questo organo tecnico aziendale.
Il D. Lgs. 81/08 dà i criteri generali per la corretta organizzazione, che di seguito riepiloghiamo:
Per quanto detto in precedenza, l’assegnazione dei compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione deve essere formalizzata, per mezzo di specifici incarichi, non solo verso il RSPP, ma anche verso gli ASPP. Dal punto di vista del Datore di Lavoro è altresì opportuno che il RSPP e gli ASPP debbano segnalare eventuali carenze in termini di mezzi, tempo o competenze, così da poter intervenire con l’introduzione di eventuali ulteriori risorse a sostegno dell’attività del SPP.
Per quanto attiene la funzione del RSPP, va detto che il coordinamento del SPP potrà prevedere anche "autonomia nell’assegnazione di compiti specifici all’interno del SPP, facendo quindi sfumare la figura del RSPP verso quella di un dirigente / preposto aziendale". Questo potere organizzativo non è però proprio della figura del RSPP, ma è eventualmente stabilito dal Datore di Lavoro, che potrà anche provvedervi per mezzo di delega di funzione. Tale delega potrebbe anche includere un potere di spesa.
Le figure del Manager HSE e del RSPP svolgono entrambe compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione nell’area prevenzione infortuni, si pone pertanto il quesito su quale debba essere il rapporto tra queste due funzioni aziendali.
Tra i compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione propri delle figure del RSPP e del Manager HSE (i cui requisiti sono individuati nella norma UNI 11720) vi sono certamente differenze, in primis l’assenza del tema ambientale tra i compiti a carico del RSPP, ma anche molte analogie e sovrapposizioni. E’ pertanto evidente che le funzioni delle due figure sono parzialmente sovrapponibili, potendo pertanto concludere che le possibili configurazioni organizzative potranno essere due, alternative tra loro: in alcune realtà il soggetto che riveste il ruolo di Manager HSE assumerà anche l’incarico di RSPP, mentre in altre il RSPP potrà essere inserito nello staff del Manager HSE.
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